di Rossella Manieri
“Nella ricerca scientifica né il grado di intelligenza, né la capacità di eseguire il compito intrapreso sono i fattori essenziali per la riuscita e la soddisfazione personale. Nell’una e nell’altra contano maggiormente la totale dedizione e il chiudere gli occhi davanti alle difficoltà”. Queste sono le parole di Rita Levi Montalcini nel suo “Elogio all’imperfezione”; ma come si può elogiare l’imperfezione? Si tratta di un evidente ossimoro che genera perplessità, ma che ci invita a riflettere e a porci delle domande. Siamo perfetti? Crediamo di esserlo! Disegniamo nella nostra mente un mondo ideale, l’idea di perfezione, e ad un certo punto siamo convinti di averla raggiunta. Ma si può raggiungere la perfezione? Forse la perfezione esiste solo a parole. Rita Levi Montalcini invita a praticare l’arte dell’imperfezione: la consapevolezza dell’essere imperfetto da parte dell’uomo permette di migliorare e di raggiungere traguardi, apparentemente, irraggiungibili. L’imperfezione consente di capire i propri errori, correggere se stessi e percorrere nuove strade. Perché la parola segreta, l’arma per vincere è la dedizione, l’impegno! Solo chi sa di non essere perfetto riesce a dare il meglio di sè, a essere tenace, porsi degli obiettivi e a lottare per raggiungerli. Chi crede di essere arrivato, non arriverà mai!
Il successo si raggiunge perché si ha brama di un miglioramento, di nuove scoperte, di nuove mete. È così che la scienza ha fatto grandi scoperte e la tecnologia straordinarie invenzioni. “C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce”, Leonard Cohen. Esiste anche la paura di essere imperfetti, l’athelophobia, il timore di non essere mai adeguati rispetto a qualcosa o qualcuno. La coscienza dell’imperfezione è l’unica strada che porta allo sviluppo e al miglioramento, non solo personali, ma per l’umanità intera. Tutto sta nell’umiltà di porsi sempre in una dimensione di apprendimento di fronte al mondo, acquisendo gradualmente la capacità di imparare ad imparare.