“Ricordati di Bach”: il potere curativo di un enorme passione

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Alcune passioni sono così potenti che possono sconvolgerti la vita, i pensieri, lo sguardo. Per Cecilia la musica è proprio questo: uno stile di vita, l’unico che abbia mai incontrato.

“Ricordati di Bach” è la storia di Cecilia, una bambina di otto anni, e del suo violoncello. Una storia dedicata ad un amore, forse improvviso e inaspettato, che nasce verso uno strumento pesante, grande e a volte ingestibile, un amore per la musica nonostante le tante difficoltà che incontra nel tempo. Cecilia ha otto anni quando un incidente d’auto le lede il nervo della mano sinistra e di conseguenza inizia ad imparare a suonare il suo amato violoncello.

«Mi ci volle tempo per capire, era il potere della concentrazione, e fu chiaro appena si aggiunsero note di diversa durata. Per farle bene andava dosato l’arco.»

Diventa difficile “dosare l’arco”, soprattutto durante le lezioni del suo maestro in conservatorio, eppure non riesce a resistere allo strumento del nonno ritrovato per la prima volta a casa della zia Cocca. Da quel momento il suo maestro Smotlack, punterà, crederà e scommetterà su di lei e a suo modo le insegnerà tutto quello che sa, e nonostante tutto riuscirà a farla realizzare.

«La musica è così, cara signora, la musica è una porta attraverso cui guardare il mondo. E Cecilia l’ha capito, non è vero?»

Si, la musica cura, la musica salva, la musica senza rendercene conto ci apre la porta su mondi inesplorati. Questo romanzo non narra solo l’evoluzione del talento, ma c’è molto di più, narra del potere curativo.

«Accomodatevi, signori. Prendete posto, mettetevi comodi. Le luci si spengono, il sipario si apre, Cecilia è lì, col suo abito nero. Silenzio, prego. Chiudete gli occhi e aprite il cuore».