di Chiara Triolo e Myriam Molinari
Rapporti generazionali tra genitori e figli. E’ davvero così difficile essere genitori o basterebbe solo tanto amore per essere perfetti? È preferibile un modello educativo flessibile o intransigente? Domande a cui diversi autori hanno cercato di dare una risposta. Ma ancora nessuna verità assoluta. Oggi sembra prevalere il primo modello e per un genitore è diventato difficile dire di “no”. Forse la chiave di tutto è la parola Rispetto e il resto viene da sé. Già attorno al 160 a.C., Terenzio iniziava a condurre un’indagine psicologica di incredibile attualità, per quanto riguarda l’educazione dei figli, introducendo un nuovo modello educativo a Roma, quello basato sull’indulgenza. All’interno di una sua commedia intitolata “Adelphoe”, infatti, vengono contrapposte due tipologie di educazione: una fondata sui principi rigorosi dei “mores maiorum” (“i costumi degli antenati”), l’altra, innovativa, basata sui valori tipici dell’”humanitas”: amore dell’uomo verso l’altro uomo, clemenza e affetto. Micione, che all’interno di Adelphoe rappresenta il padre liberale, afferma: “Chi compie il proprio dovere sotto la minaccia di un castigo sta in guardia fintanto che ritiene che ciò che fa si possa risapere; ma se ha la speranza di restare impunito, torna a fare il proprio comodo”. In queste parole si evince un modello educativo basato sull’indulgenza, il modello di un padre che si avvia verso un cambiamento, verso la coscienza dell’essenza dell’uomo, sulla strada della prodigalità e della comprensione.
Attualizzando la commedia, a conti fatti, Terenzio sembrerebbe aver promosso l’indulgenza. La tendenza genitoriale che si è andata affermando, negli ultimi tempi , infatti, è quella, di essere più amici che genitori. Essere amici dei figli, lasciarli completamente soli a se stessi, dire sempre di si non è, però, quello che ci invita a fare Terenzio. Cosi facendo verrebbe meno il rispetto, elemento fondamentale di un buon rapporto, e il ruolo stesso di educatore. Sicuramente è difficile colmare il cosiddetto “gap generazionale”, ovvero il divario di idee e norme culturali fra generazioni, così accentuato che, a volte, sembra quasi di vivere su diversi pianeti. Ma non è l’accondiscendenza l’arma vincente e nemmeno l’intransigenza. Non è, infatti, alzando muri o vietando arbitrariamente che le distanze si accorcerebbero. Forse non c’è una verità assoluta, non è o bianco o nero, ma una certezza sì: non devono mancare rispetto e fiducia. Sono questi a favorire il dialogo e la comprensione. Di sicuro, genitori e adulti dovrebbero rappresentare modelli di riferimento libero, senza alcuna imposizione e, quindi, fungere da guida morale per il figlio o la figlia, seguiti e indirizzati verso il bene, senza essere forzati a fare o a pensare in un determinato modo. Non è detto che i sogni, magari irrealizzati, dei genitori, debbano corrispondere a quelli dei figli.
A volte gli adulti sembrano dimenticarsi di essere stati anche loro ragazzi e non riescono più a mettersi nei “panni dei giovani”. E’ come se vedessero il mondo filtrato da cinismo e disincanto. “Bisogna sempre spiegargliele le cose, ai grandi” afferma il Piccolo Principe. Non è necessario né essere autoritari né permissivi, né severi né indulgenti, ma semplicemente propositivi, aperti al confronto e, soprattutto, alla comprensione. Questo diceva Terenzio. Ognuno di noi ha bisogno di trovare la sua strada in maniera autonoma, senza che gli siano tarpate le ali, senza l’ansia di deludere aspettative; soltanto seguendo i propri sogni e le aspirazioni, lasciandoci cadere per poi rialzarci, saremo capaci di crescere, acquisendo, con il tempo forza e consapevolezza.