Pier Paolo Pasolini, morte di un intellettuale “scomodo”.

Cultura

Il giallo è tutto in quella maledetta spiaggia dell’Idroscalo di Ostia: è qui che il 2 novembre 1975 viene ritrovato il corpo mutilato e massacrato di Pier Paolo Pasolini. Poeta, scrittore, ideologo, regista, l’eretico Pasolini, con le sue radicali scelte anticonformiste e i suoi scritti dissacranti e provocatori, era un intellettuale decisamente scomodo. E la macabra messinscena della sua morte non può che lasciare più di un dubbio.

Pasolini e Davoli.
Pasolini e Davoli

A riconoscerne il corpo martoriato fu Ninetto Davoli, il “ragazzo di vita” che aveva molte volte prestato il suo volto nei film di Pasolini. Dell’omicidio venne accusato il 17enne Piero Pelosi che raccontò di essersi difeso per evitare un rapporto sessuale con l’artista. Il giovane, secondo la sua testimonianza, avrebbe colpito l’intellettuale con una mazza per poi investirlo più volte con l’auto fino alla morte. Una ricostruzione che lasciava emergere numerose incongruenze: gli abiti del Pelosi, infatti, non presentavano tracce di sangue ed era difficile che un uomo della prestanza fisica di Pasolini non riuscisse a difendersi da un ragazzino.

Pasolini intervista Oriana Fallaci.
Pasolini intervista Oriana Fallaci

Fu Oriana Fallaci, amica di Pasolini, a cercare di far luce, indagando autonomamente sulla vicenda: attraverso numerose testimonianze, si ipotizzò che l’intellettuale sarebbe morto a seguito di una rapina organizzata da un gruppo di ragazzi, di cui avrebbe fatto parte lo stesso Pelosi. La rapina, nata da un ricatto, sarebbe poi degenerata in omicidio. Dalle parole di Sergio Citti, collaboratore di Pasolini, era emerso che egli si sarebbe recato all’idroscalo per un ricatto sul film Salò o le 120 giornate di Sodoma: le copie del film erano state, infatti, rubate e Pasolini probabilmente si scontrò con soggetti non identificati. Ma anche questa ipotesi non trovò conferme.  

Il caso venne riaperto a trent’anni dall’omicidio, nel 2005, quando Pelosi affermò che quella notte con lui c’era un gruppo di uomini non identificato, dall’accento siciliano. Questa ritrattazione diede vita a numerose teorie, nessuna delle quali riesce a definire in maniera precisa e attraverso prove sicure l’oscura vicenda che circonda la fine del grande intellettuale italiano.

Pier Paolo Pasolini alle prese con una cinepresa.
Pasolini con la sua cinepresa

Rimane così un giallo la morte di una personalità poliedrica, di un uomo dalle mille “etichette” – omosessuale, comunista, antiborghese – che con le sue sferzanti critiche ha segnato un’epoca. Capace di “profezie”, che si sono puntualmente avverate, sulla degenerazione, l’omologazione e l’idolatria del consumismo nella società del capitalismo di massa, Pasolini resta una figura di primissimo piano nel panorama culturale del ‘900. Così scrisse di lui Alberto Moravia: «La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile.»