di Rossella Manieri
“In questa profonda notte mi sento felice,
guardo la Luna e mi sento felice.
La Luna illumina il mio cuore, mi fa scoprire chi sono davvero.
Quando sono soffocato dall’ oscurità della notte,
solo una cosa mi salva: il riflesso della Luna.
Il buio è capace di far nascere in me la negatività, la tristezza, l’inquietudine.
Il buio non l’ho causato io, è causato dagli altri che oscurano me stesso.
Sono gli altri a farmi sentire così…
Sono gli altri ad attribuirmi un’immagine, una forma, una maschera.
Ed io mi sento perso… dove ad uccidermi è solo il pensiero degli altri.
Ma guardo la luna e mi sento diverso.
Guardo la luna e sorrido”. E’ così che Ciaula scopre la Luna e la sua vera identità. Quanti di noi ci sentiamo come Ciaula e vorremmo scoprire qualcosa che ci faccia capire chi siamo? Da cosa ci sentiamo oppressi e perché? Nella novella di Pirandello, Ciaula è un caruso che lavora in miniera, in condizioni disumane. Non ha paura del buio dei cunicoli, perché ormai abituato, ma della notte e della sua grandezza. Ne teme l’oscurità minacciosa e ha il terrore di conoscerla. Costretto a risalire in alto dalla miniera, in una notte di luna piena, farà una scoperta sorprendente: percepirà per la prima volta la bellezza della luce lunare, un mondo a lui nuovo che lo libererà dal peso della sua condizione opprimente. Fuori dalla miniera, finalmente, conoscerà la Vita.