PENA DI MORTE: PRO O CONTRO?

Accadde Oggi L'opinione

di Valeria Adimari

Nel 2007, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa decise di indire una ”Giornata europea contro la pena di morte”; da allora, ogni anno, il 10 ottobre, si celebra la ricorrenza.

“La pena di morte è un affronto alla dignità umana. Rappresenta un atto crudele, disumano e degradante, contrario al diritto alla vita. Essa non ha alcun effetto deterrente accertato e rende irreversibile gli errori giudiziari”: con queste parole l’UE ha motivato l’opposizione alla pena capitale. Eppure ancora si muore per mano dello Stato. Storicamente sono apparsi molti modi per applicarla secondo le varie epoche e culture: annegamento, crocifissione, fucilazione, ghigliottina, camera a gas, sedia elettrica, iniezione letale solo per citarne alcuni.

Tutti gli Stati membri dell’UE hanno abolito ogni tipo di sentenza capitale. Amnesty International riporta che 58 paesi mantengono la pena di morte nella legge, tra questi anche democrazie consolidate come Stati Uniti o Giappone, 97 l’hanno abolita per tutti i reati mentre 8 la conservano per crimini gravi.  Il 15 novembre 2007 la commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato  una risoluzione che chiede la moratoria universale della pena di morte. Amnesty pubblica ogni anno delle statistiche: senza tenere in considerazione la Cina, poiché spesso rifiuta di consegnare le cifre, sono almeno 714 le persone messe a morte lo scorso anno in diciotto paesi. In testa a questa classifica Iran, Iraq, Arabia Saudita e Stati Uniti.

Da una parte i sostenitori, che ritengono l’esistenza di colpe per cui nessuna pena, tranne la morte, costituisca la giusta punizione; dall’altra coloro che si oppongono e lo fanno soprattutto per motivi morali, affermando che nessun uomo abbia il diritto di togliere la vita ad un altro, indipendentemente dalla gravità delle colpe commesse. Questi sono i due schieramenti principali su questa problematica che ormai da tempo  divide l’opinione pubblica.

Certamente sul piano economico essa rappresenta un sistema di punizione molto meno dispendioso di una lunga detenzione, e quindi vantaggioso per la comunità. Tuttavia esiste il problema degli errori giudiziari, cioè la possibilità di uccidere un innocente. Infine la pena di morte si dimostra uno strumento di discriminazione sociale, in quanto spesso vengono giustiziati criminali appartenenti alle classi sociali più deboli e ai gruppi marginali.

Emblematico è il caso di George Junius Stinney Jr. (1944) bambino di colore di 14 anni, il più giovane condannato a morte nella storia degli Stati Uniti.  Venne dichiarato colpevole a seguito di una camera di consiglio durata meno di dieci minuti, da una giuria di soli bianchi, per l’omicidio di due ragazzine: Betty Binnicker, 11 anni, e Mary Thames, 7 anni. Gli venne negato l’appello e fu giustiziato con la sedia elettrica. La questione della sua colpevolezza, la validità della sua confessione e del processo giudiziario vennero messi in discussione da un gruppo di avvocati e attivisti che indagarono sul caso e, nel 2014, la sua condanna venne annullata poiché il giudice stabilì che non gli era stato concesso un processo equo e dichiarò che la sua confessione venne probabilmente estorta. Il giudice stabilì inoltre che l’esecuzione di un quattordicenne costituiva “una punizione crudele e inusuale” e quindi proibita della Costituzione degli Stati Uniti d’America.