di Rossella Manieri
[ngg src=”galleries” ids=”45″ display=”basic_thumbnail” thumbnail_crop=”0″]Istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004 per “rinnovare e conservare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe”, il 10 febbraio è un giorno che non possiamo dimenticare: è il “Giorno del Ricordo”.
Ma cosa sono le foibe? Qual è la vicenda che si nasconde dietro questa verità storica?
Il termine “foiba” si riferisce alle cavità carsiche che si trovano in Friuli-Venezia Giulia, le quali durante e subito dopo la seconda guerra mondiale, sono state utilizzate per mettere in atto eccidi di una efferatezza senza eguali. Le foibe hanno ingoiato le vittime, donne,mi uomini, vecchi, bambini, provando a cancellarne l’identità, la storia, lingua, cultura e l’appartenenza. Il Giorno del ricordo mira esattamente a questo: riportare alla luce eventi che non possono essere dimenticati e, con essi, le vittime di quello che fu quasi un secondo olocausto della storia contemporanea.
La violenza fu messa in atto dai partigiani Jugoslavi che si sentivano legittimati ad annettere al futuro stato Jugoslavo, la parte del Venezia Giulia e del Friuli e ad uccidere la popolazione italiana, considerata una “classe dominante” contro cui lottare. Come altre vicende storiche, anche questa è sprofondata nell’ oblio più profondo e persino gli storici sono incerti sui numeri delle vittime: 10.000 per alcuni, migliaia per altri. La verità? La sanno solo coloro che sono morti.
Per non parlare del silenzio, un silenzio durato circa 70. Il “Giorno del Ricordo” rappresenta, appunto, un’occasione per costruire e consolidare una memoria comune, che deve rafforzare la nostra identità partendo dagli errori causati dall’ odio e dall’ intolleranza. È nel ricordo delle vicende storiche che riusciamo a forgiare la nostra coscienza di popolo e di uomini. Celebrare questa giornata vuol dire anche rispondere “NO” , un “no” forte e chiaro alla violenza, non solo a quelle che si sono manifestate nel passato, ma anche a tutte quelle che nel tempo continuano a manifestarsi silenziosamente. “La non violenza conduce all’etica più alta, che è l’obiettivo di tutta l’evoluzione. Fino a che non smetteremo di fare del male agli altri esseri viventi, saremo sempre dei selvaggi” Thomas Edison.