Grazie Liliana!

Attualità Cultura

Gli alunni delle classi I e  II B – Liceo Classico

«Nel mio racconto c’è l’amore, la pietà, il ricordo struggente di me stessa, di quello che ero, di quella ragazzina che perse tutto e che fu portata ad Auschwitz. Quella ragazzina di cui ora sono nonna così come mi sento nonna di tutti i ragazzi cui oggi passerò il testimone del ricordo».

Venerdì 9 ottobre 2020 si è tenuto a Rondine, Cittadella della Pace,  l’evento “Grazie Liliana, l’abbraccio più grande della storia”. La senatrice a vita Liliana Segre ha rilasciato la sua ultima testimonianza pubblica  affidando il testimone della sua esperienza e del suo patrimonio di dolore a tutte le studentesse e gli studenti italiani, per trasmettere un messaggio di conoscenza e di consapevolezza di quello che è stata la Shoah, per promuovere l’educazione ai diritti umani e la pacifica convivenza.

La senatrice ripercorre la sua esperienza nel campo di concentramento, i dolorosi ricordi delle leggi razziali, la perdita degli affetti più cari e anche della sua umanità. La deportazione, il freddo, la paura, il fatidico cenno con cui i nazisti sceglievano chi dovesse continuare a vivere  e chi no, rimarranno sempre nei suoi ricordi. 

Si sofferma sull’attimo in cui le hanno portato via la persona a lei più cara, il suo papà: “guardavo da lontano il mio papà e cercavo di mandargli dei saluti, poco dopo non lo vidi più, non lo vidi mai più.” Il ricordo del padre, che aveva sperato di poter riabbracciare, esprime un’emozione e un dolore profondo. Un momento di silenzio, poi, la memoria torna a ripercorrere l’orrore vissuto: dal numero con cui venivano identificati, quello di Liliana era il numero 75190, alle umiliazioni subite: “Ci spogliarono, nude davanti a tutti, ci privarono di ogni cartolina, ogni medaglia, ogni ricordo della nostra vita precedente, e ci rivestirono tutte con le medesime tute a righe e ci rasarono la testa, privandoci di ogni briciolo di identità.

Nessuno faceva nulla, regnava l’indifferenza. L’unica a non restare indifferente fu la natura, che continuava il suo corso. 

La giovane Liliana imparò a sopravvivere all’interno di un girone infernale, come nella commedia dantesca. E ancora “Quando non si ha niente, ma si ha solo il proprio corpo che dimagrisce a vista d’occhio e diventa orrendo a tal punto di non riuscire a riconoscersi, è difficile formare delle amicizie”. Il ricordo va all’amica Janine, occhi celesti, capelli d’oro, la ricorda sempre perché nell’attimo in cui le ha dovuto dire addio, la Segre non si è voltata, non l’ha salutata per l’ultima volta. 

Infine, il ricordo della “marcia della morte”, della sua tentazione, quando i nazisti si resero conto di aver perso la guerra e il comandante che li guidava si spogliò, gettando a terra la divisa e la pistola, di prendere quell’arma e vendicarsi di tutte le crudeltà subite.  Non la raccolse: Ho scelto la vita e sono diventata donna libera e di pace”.

Liliana Segre conclude il discorso dicendo: “A chi mi chiede se ho perdonato, rispondo di no. Non ho perdonato, non è possibile, e non ho mai dimenticato, ma ho imparato a non odiare.”