di Ludovica Bonofiglio e Giovanna Falcone
“La libertà che ognuno di noi possiede non è illimitata, ma viaggia con la responsabilità e il dovere”: è il messaggio più forte che si è voluto rilanciare per la giornata dei Diritti umani nell’assemblea in diretta streaming, promossa dall’organizzazione internazionale “Uniti per i diritti umani”, rivolta a tutte le scuole e strutturata come una grande lezione di educazione civica tenuta da professori e studenti di tutte le età.
Il 10 dicembre di ogni anno, infatti, è un giorno dedicato alla Dichiarazione universali dei diritti umani, votata per la prima volta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948. Un documento fondamentale che proclama i diritti inalienabili a cui tutti hanno diritto in quanto esseri umani – indipendentemente da razza, colore, religione, sesso, lingua, opinione politica, origine nazionale o sociale, proprietà, nascita o status. Disponibile in più di 500 lingue, è il documento più tradotto al mondo.
Dopo oltre mezzo secolo, tuttavia, i diritti umani sono ancora platealmente calpestati in gran parte del mondo, mentre nei Paesi dove sono rispettati vengono spesso messi a dura prova da problemi vecchi e nuovi. Basti pensare al conflitto, determinato dalla pandemia, tra il diritto alla libertà, quello alla salute e quello all’istruzione. Ecco perché è sempre importante tornare a discuterne, sia collegando i diritti umani alle responsabilità, sia parlando dell’impatto del Covid-19 sui diritti umani. “Da una crisi non si può uscirne uguali, ne usciamo migliori o peggiori”: sono le parole con cui Papa Francesco ha sottolineato la necessità di mantenere alta l’attenzione verso il prossimo anche in mezzo alla pandemia”
Il dramma è che, a dispetto della Carta, ancora oggi nel mondo i diritti di molti individui vengono violati: sono almeno 1500 le persone che vengono uccise ogni settimana nei campi profughi dell’Uganda, 1260 quelle uccise dalla polizia brasiliana, molte quelle torturate. Ancora più emarginati sono bambini e donne, che in molti Paesi subiscono i soprusi dei governi e delle culture. Ricordiamo il caso di una giovane donna, Malala Yousafzai, vincitrice del Premio Nobel per la pace a soli 17 anni. La Yousafzai continua a battersi ancora oggi per i diritti civili e per il diritto all’istruzione delle donne che le sono stati negati da un editto dei talebani: «I don’t mind if I have to sit on the floor at school. All I want is education. And I’m afraid of no one. (Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è l’istruzione. E non ho paura di nessuno.)»