[ngg src=”galleries” ids=”117″ display=”basic_slideshow”]Testo e illustrazione di Myriam Molinari
Catapultati in questo periodo a tratti surreale, “apocalittico” e profondamente triste della nostra storia, ci si ritrova soli con i propri pensieri. È come se fossimo stati risucchiati in un vortice tale da non ricordare quella che era la vita prima, ormai quasi abituati a questa estenuante routine. Dopo un breve e pieno periodo di speranze e di ritorno fra i banchi scolastici e fra le persone che tanto ci erano mancate, ecco l’aumento notevole della curva epidemiologica e la conseguente chiusura delle scuole. Il desiderio di vedersi è notevole, ma la possibilità è lontana. Di nuovo le giornate appiattirsi, vederle diventare una uguale all’altra, tutto è monotono, quasi come se fosse un “loop”. Tutto questo è la negazione di quello che siamo soliti chiamare “Scuola”, sinonimo di Vita, interazione, di confronto propositivo con l’altro, di socialità e di vicinanza. Tutto è ridotto ad uno schermo piatto, nel quale siamo come “incastrati”, e con noi, in un vuoto che ci separa dagli altri, sono intrappolati abbracci, sogni e tanti momenti. Il mondo ha perso la sua tridimensionalità e profondità, diventando bidimensionale. Ci si sente in gabbia e derubati di uno dei periodi più belli della nostra vita, che dovremmo vivere fino in fondo è che invece si annulla. Si è sospesi, immobili e impotenti, dispersi e spaesati, incredibilmente soli. L’assenza del contatto umano, della fisicità provoca stati di agitazione e momenti di ansia dati dalla non percezione della reazione dell’altro. Quando si comunica in una videochiamata le parole sono “metalliche”. Il tempo “libero” è un vuoto. Quante ripercussioni psicologiche ci saranno, specie sulle menti dei più piccoli. Saviano, in un’intervista, afferma “Ci siamo mai chiesti quanto perdiamo tutti noi come società se le scuole sono chiuse?”. Perdiamo tutto. E fa anche riflettere la decisione del Regno Unito di porre in lockdown l’intera nazione, ma lasciando le scuole aperte, poiché andare a scuola è vitale. Anche stavolta il tempo passerà e si andrà avanti. Ritorneremo, perciò, a vivere ogni piccolo momento e a fare ogni cosa che ci rendeva felici. Si ritornerà nelle aule, fra i nostri banchi, a correre per le scale perché si è arrivati in ritardo la mattina, ad abbracciarci come non mai abbiamo fatto mai, a viaggiare e a ridere, in quella bellissima confusione che ci fa sentire vivi. Ce lo auguriamo presto.