di Ludovica Bonofiglio
«Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni». Fu questa la motivazione con la quale nel 1975 Eugenio Montale venne insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Famoso principalmente per le raccolte poetiche Ossi di seppia e Le occasioni, Montale elabora una visione della realtà in cui è centrale il male di vivere, da cui l’uomo è continuamente oppresso. Montale è un intellettuale che non crede più che la poesia possa in qualche modo salvare l’uomo, veicolare messaggi positivi o proporre certezze. Queste posizioni verranno confermate durante il celebre discorso E’ ancora possibile la poesia pronunciato durante la cerimonia di assegnazione del Premio Nobel in cui Montale afferma:
«Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di nobiltà. Ma non è il solo, essendo la poesia una produzione o una malattia assolutamente endemica e incurabile.»
Il discorso continua con una critica alla mercificazione della poesia e in generale delle arti, che sono ormai considerate come prodotti per il mercato..
«L’arte è produzione di oggetti di consumo, da usarsi e da buttarsi via in attesa di un nuovo mondo nel quale l’uomo sia riuscito a liberarsi di tutto, anche della propria coscienza. L’esempio che ho portato potrebbe estendersi alla musica esclusivamente rumoristica e indifferenziata che si ascolta nei luoghi dove milioni di giovani si radunano per esorcizzare l’orrore della loro solitudine. Ma perché oggi più che mai l’uomo civilizzato è giunto ad avere orrore di se stesso?»
Queste parole dimostrano la grande attualità di uno degli autori più importanti del panorama letterario italiano del ‘900.